Benedetto XV (1914-1922)


Ad Beatissimi apostolorum principis (Enciclica, 1 novembre 1914)

 
“… Il tremendo fantasma della guerra domina dappertutto, e non v’è quasi altro pensiero che occupi ora le menti. Nazioni grandi e fiorentissime sono là sui campi di battaglia. Qual meraviglia per ciò, se ben fornite, come uomo, di quegli orribili mezzi che il progresso dell’arte militare ha inventati, si azzuffano in gigantesche carneficine? Nessun limite alle rovine, nessuno alle stragi: ogni giorno la terra ridonda di nuovo sangue e si ricopre di morti e feriti. E chi direbbe che tali genti, l’una contro l’altra armate, discendano da uno stesso progenitore, che sian tutte dell’istessa natura, e parti tutte d’una medesima società umana? Chi li ravviserebbe fratelli, figli di un unico Padre, che è nei Cieli? E intanto, mentre da una parte e dall’altra si combatte con eserciti sterminati, le nazioni, le famiglie, gli individui gemono nei dolori e nelle miserie, tristi seguaci della guerra: si moltiplica a dismisura, di giorno in giorno, la schiera delle vedove e degli orfani: languiscono, per le interrotte comunicazioni, i commerci, i campi sono abbandonati, sospese le arti, i ricchi nelle angustie, i poveri nello squallore, tutti nel lutto.
Commossi da mali così gravi Noi, fin dalla soglia del Sommo Pontificato, ritenemmo Nostro dovere di raccogliere le ultime parole uscite dal labbro del Nostro Predecessore, Pontefice di illustre e così santa memoria, e di dar principio al Nostro Apostolico Ministero col tornare a pronunziarle: e così caldamente scongiurammo e Principi e Governanti affinché, considerando quante mai lagrime e quanto sangue sono stati già versati, s’affrettassero a ridare ai loro popoli i vitali benefizi della pace. Deh! Ci conceda Iddio misericordioso che, come all’apparire del Redentore divino sulla terra, così all’iniziarsi del Nostro ufficio di Vicario di Lui, risuoni l’angelica voce annunziatrice di pace: “Pace in terra agli uomini di buona volontà” (Luc. II, 14). E l’ascoltino, li preghiamo, l’ascoltino questa voce coloro che hanno nelle loro mani i destini dei popoli. Altre vie certamente vi sono, vi sono altre maniere, onde i lesi diritti possano avere ragione: a queste, deposte intanto le armi, essi ricorrano, sinceramente animati da retta coscienza e da animi volonterosi. È la carità verso di loro e verso tutte le nazioni che così Ci fa parlare, non già il Nostro interesse. Non permettano dunque che cada nel vuoto la Nostra voce di padre e di amico”.
 

 
Nota manuale
 
“In ogni guerra per giungere alla pace si è dovuto smettere il proposito di schiacciare l’avversario: mettere l’avversario in condizione di non più tentare la prova è una stoltezza, perché la prova potrà essere ritentata dopo qualche tempo, sia perché realmente l’avversario ha riconquistate le forze, sia perché ha creduto di averle riconquistate. Le guerre esisteranno non finché vi sarà la sola forza, ma finché vi sarà l’umana cupidigia”.
 
(Archivio della Segreteria di stato vaticana, Stati Ecclesiastici 216,
vol. 111, p. 1 del testo francese della Nota dell’agosto 1917)
 

 
Pacem, Dei munus pulcherrimum (Enciclica, 23 maggio 1920)
 
(§3) “…come l’umanità andrebbe incontro ai più gravi disastri, se, pur essendo conchiusa la pace, continuassero tra i popoli latenti ostilità ed avversioni… ne verrebbe colpita la vita stessa del cristianesimo che è essenzialmente fondato sulla carità, essendo chiamata la predicazione stessa della legge di Cristo “Evangelo di pace””.
 
(§7) “Desideriamo che voi [Venerabili Fratelli] esortiate specialmente i vostri sacerdoti, come ministri di pace, affinché siano assidui in questo che è il compendio essenziale della vita cristiana, cioè nell’inculcare l’amore verso i prossimi, anche se nemici, e “fatti tutto a tutti” in modo da essere di luminoso esempio, combattono ovunque contro l’inimicizia e l’odio, ben sicuri di fare cosa gratissima al Cuore amantissimo di Gesù e a Colui che, sebbene indegnamente, ne sostiene le veci qui in terra…”.
 
(§8) “Quanto noi abbiamo qui ricordato ai singoli circa il dovere che essi hanno di praticare la carità, intendiamo che sia pure esteso a quei popoli che hanno combattuto la grande guerra… riprendano tra di loro relazioni amichevoli. Poiché non è affatto diversa la legge evangelica della carità tra gli individui da quella che deve esistere tra gli Stati e le nazioni, non essendo esse infine che l’insieme dei singoli individui…”
 
(§10) “…sarebbe veramente desiderabile, o Venerabili Fratelli, che tutti gli Stati, rimossi i vicendevoli sospetti, si riunissero in una sola società o meglio famiglia dei popoli, sia per garantire la propria indipendenza, sia per tutelare l’ordine del civile consorzio… …il bisogno stesso generalmente riconosciuto di ridurre, se non è dato di abolire, le enormi spese militari che non possono più oltre essere sostenute dagli Stati, affinché in tal modo si impediscano per l’avvenire guerre così micidiali e tremende e si assicuri a ciascun popolo nei suoi giusti confini l’indipendenza e l’integrità del proprio territorio”.
 
(§12) “…Ci rivolgiamo con affetto a tutti i Nostri figli e li scongiuriamo nel nome di Nostro Signor Gesù Cristo perché vogliamo dimenticare le reciproche rivalità ed offese, e stringersi nell’amplesso della carità cristiana, dinanzi a cui non vi sono stranieri; esortiamo inoltre vivamente tutte le nazioni affinché, sotto l’influsso della benevolenza cristiana, s’inducano a stabilire tra loro una vera pace e a collegarsi in un’unica alleanza, che, con l’aiuto della giustizia, sia duratura…”.