Colombia

Popolazione: 46.294.841 ab. (2012)
Superficie: 1.141.748 km²
Capitale: Bogotà
Moneta: Peso colombiano
Lingua: Spagonolo
Religione: La religione predominante è il cattolicesimo. Vi sono piccole percentuali che si rifanno alle altre grandi religioni monoteiste: i musulmani e gli ebrei, in aggiunta a gruppi di buddisti e taoisti.
Tutta la parte settentrionale del Sud America costituiva, fino al successo della rivolta armata del 1819, un possedimento coloniale spagnolo denominato “Nuova Granada”. Sulle ceneri della Union de Gran Colombia, sorta dopo l’emancipazione dagli spagnoli e crollata nel 1830, furono fondate la Colombia (che fino al 1903 includeva anche il territorio di Panama), l’Ecuador e il Venezuela.
La vita politica colombiana è stata dominata per lungo tempo da due partiti: i conservatori e i liberali. In seguito all’omicidio del leader liberale di sinistra Jorge Eliécer Gaitán, nel 1948, gravi disordini partirono da Bogotà e si diffusero successivamente a tutto il paese. Il decennio seguente, noto come “La Violencia”, fu caratterizzato dai forti scontri fra gruppi opposti di contendenti. Tali gruppi includevano soprattutto il partito conservatore e il partito liberale, ma anche socialisti, banditi e fuorilegge, appartenenti a organizzazioni rurali, gruppi armati finanziati dai grandi possidenti terrieri, ecc.
Nel 1958, il partito conservatore e quello liberale si accordarono e formarono una coalizione che durò 16 anni, e che escludeva tutti gli altri attori politici. A metà degli anni sessanta, vari gruppi di sinistra come le FARC, l’ELN, l’EPL e l’M-19 diedero il via alla lotta armata contro il governo. Durante il conflitto, entrambe le fazioni in lotta non ebbero riserve nel colpire i civili che appoggiavano forze politiche e/o gruppi opposti di interesse. Da parte sua, la guerriglia trovò un canale di finanziamento nei profitti derivati da rapimenti e dal traffico illegale di stupefacenti.
All’inizio degli anni Ottanta, per difendersi dalle azioni di guerriglia, i grandi proprietari terrieri e i produttori di droga fondarono le proprie milizie armate, sotto l’informale beneplacito di molti politici locali e di vari componenti delle forze armate. Questi eserciti privati non hanno limitato la propria azione al contrasto delle azioni di guerriglia, ma sono anche stati responsabili di iniziative militari unilaterali e gravi violazioni dei diritti umani. Vi è stato anche il tentativo di influenzare l’attività istituzionale e politica attraverso attacchi a funzionari governativi, obiettivi civili, condotti in modo mirato laddove vi erano fondati timori di estradizione verso gli Stati Uniti di produttori e trafficanti di droga.
A partire dal 1997, i vari gruppi paramilitari, inizialmente separati tra di loro, hanno dato vita ad una organizzazione di livello nazionale: l’AUC (Unità di autodifesa della Colombia).
Nel 1997, un milione di colombiani erano stati espulsi dalle loro abitazioni nelle zone di conflitto, a causa dei gruppi paramilitari.
Nel 1998, il presidente Clinton decise di “riammettere” la Colombia tra gli stati che collaborano con gli USA nella guerra al narcotraffico. Il numero elevato di omicidi ostacolava di due punti l’anno la crescita del PIL, secondo i dati della Banca Mondiale. Nello stesso anno, Andreas Pastrana fu eletto presidente.
Nel 2000, Pastrana lanciò il Piano Colombia ispirato dagli Stati Uniti. Tale piano prevedeva lo sradicamento di 60 mila ettari di coltivazioni di coca. In questo modo si cercò di indebolire economicamente la guerriglia e i narcotrafficanti. La Colombia fu inclusa nella lista degli obiettivi della “campagna antiterrorismo”, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti.
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