Gregorio il Taumaturgo (215 – 270 ca.)


Scomunica contro quelli che si impossessano dei beni dei profughi

 
In tempo di calamità, quando gli uomini erano in lutto e quando alcuni erano stati fatti prigionieri e altri si erano fatti schiavi per i propri cari o per la rovina dei loro beni, dei tali ebbero il coraggio di considerare quel tempo occasione di guadagno: un comportamento empio, da uomini invisi a Dio, anzi, addirittura odiati da Dio, che superò ogni misura. Perciò ci parve bene di bandire costoro, cioè di scacciarli pubblicamente dalla Chiesa e separarli dalla moltitudine dei fedeli; e questo perché non venisse su noi tutti, per causa loro, l’ira di Dio; e soprattutto sui superiori, se non investigassero né si curassero di tali fatti… Non avvenne forse che quando Acar, figlio di Zara, peccò contro ciò che era stato consacrato a Dio, l’ira divina scese su tutta la comunità d’Israele? Lui solo peccò, ma non fu il solo a morire nel suo peccato. E noi dobbiamo considerare sacro a Dio quello che non è nostro, ma altrui, e che pur potrebbe esserci utile in questo tempo. Ciò che prese Acar era bottino; e anche ciò che presero quelli era bottino; Acar si impossessò di beni dei nemici, questi invece di beni dei fratelli, procacciandosi un lucro rovinoso… Nessuno inganni se stesso, come se si trattasse di cose trovate: neppure con ciò che si trova è lecito arricchirsi. Dice infatti il Deuteronomio: Se vedi smarriti sulla via il vitello o la pecora del tuo fratello, non devi scansarli, ma restituirli subito al tuo fratello. Che se il tuo fratello non sta vicino a te e non lo conosci, accoglierai gli animali in casa tua e staranno presso di te finché il tuo fratello non venga a cercarli, e allora glieli restituirai; così pure farai col suo asino, e così farai col suo mantello; così farai insomma con qualunque oggetto smarrito dal tuo fratello e da te ritrovato (Dt 22,1-3). Così il Deuteronomio. Nell’Esodo poi non solo se si trova l’animale del fratello, ma anche del nemico: Restituiscilo, è detto, e rimenalo a casa del suo padrone (Es 23,4). Se dunque non è lecito trarre guadagno dalle cose del proprio fratello o del proprio nemico, il quale, in pace, conduce una vita serena e di quelle non se ne dà cura, quanto più non lo è delle cose di chi è colpito dalla sventura, di chi fugge il nemico ed è costretto ad abbandonare tutto !
 
(Gregorio il Taumaturgo, Lettera canonica, 2-4)